Chiara Alonzo

Cinema e non solo: l’eterna rivalità tra mora e bionda

cinema, film, serie

La società, da sempre, è stata attratta e soggiogata dal fascino malizioso delle tentazioni e delle trasgressioni, fino a trasformare e fare assumere all’esteriorità il connotato del reale. L’apparenza, quindi, sembra, oggi, essere diventata realtà. Tra le pseudo-forme di questo tipo di realtà vi è lo stereotipo, un misto di modello e prototipo in grado di generare un pre-concetto o un pre-giudizio al punto da assumere il senso che i francesi attribuiscono al cliché. La scarsa originalità di certe espressioni lessicali o abusate e scontate, oltre che fastidiose, spingono gli stereotipi verso i margini delle azioni creative, addirittura cristallizzandole.

Lo stereotipo lo ritroviamo dappertutto: in una frase, in un libro, in un film, in un testo di una canzone. Ecco, si nota, (soprattutto in certi telefilm americani), la costruzione del solito cliché di donna in carriera in qualità di giornalista, pubblicista o, se non dovesse bastare, esperta di moda, accompagnata sempre (o quasi) da un’idilliaca storia d’amore, sopra le righe, a volte tormentata, ma nel contempo folle e, comunque, stravagante.

In rapporto a questo possiamo ritrovare anche un secondo stereotipo, quello della “Bad Girl”, il cui ruolo è da terzo incomodo nella situazione presentata o raccontata. In questo caso, il personaggio femminile è portatore di un fisico prorompente dall’apparente somiglianza con una bambola di porcellana e, ovviamente, dalla fluente chioma bionda.

                                                                  bel

Perché sempre la stessa scelta? Per rispondere a quali sollecitazioni e richiami? Forse perché una donna bionda è considerata come un’entità differente? Come se il colore dei capelli, solo perché biondi, permettesse di riconoscere a chi lo possiede un potere particolare, anche se non sempre benevolo, ma in grado di favorire l’abbattimento e lo svuotamento proiettivo delle frustrazioni. O, forse, perché la storia raccontata o rappresentata o letta avrebbe maggior successo e funzionerebbe di più? Oppure perché, in genere, alla maggior parte delle persone piace identificarsi in una storia o in una persona? Cercare di riprodurre atteggiamenti e comportamenti nella vita reale allo scopo di  non commettere errori?

Durante la proiezione di un film, ad esempio, rischiamo di lasciarci influenzare perché ci immedesimiamo nelle situazioni o in un personaggio abbandonandoci a un eccessivo  coinvolgimento, pensando di poter vivere la medesima storia a cui assistiamo. In questo modo sembra che gli stessi attori diventino un po’ i nostri consiglieri, i nostri migliori amici, come se ciò che dicessero o facessero fosse in assoluto la scelta e l’azione più logica e giusta.

In realtà, il colore dei capelli acquista valore e significato particolari in una collettività ove quella caratteristica non è la consuetudine, bensì l’eccezione. Cosicché il cliché della bellezza femminile legata al colore dei capelli, ne costruisce un altro: la donna bionda, con responsabilità manageriali, è nubile, spietata e vendicativa. Al contrario, nel caso in cui la donna non ricoprisse un ruolo di primo piano nella società, sarebbe bella, ma con una scarsa capacità logica. Il che ne farebbe una persona estremamente superficiale.

                                                                   leo

Similmente potrebbe essere considerata la situazione in cui la donna mora ricopre un ruolo fondamentale: appare inoffensiva, solare e piena di vita! La classica donna della porta accanto, la quale spesso deve farsi largo da sola perché sempre troppo insicura di sé e delle sue capacità. In questo caso, il suo colore di capelli acquista un valore e significato naturale, senza ornamento superfluo ma pieno di semplicità, quasi sfiorando il sublime. L’esatto contrario del primo stereotipo di donna.

Quindi sarà davvero il colore dei capelli a designare peculiari tratti della personalità?

Chiara Alonzo

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