Dario Tucci Photographer

Chiara Alonzo

Giordano Petri: “nel cinema come nella vita, nessuno si salva da solo”

Credo in un solo padre, Altri padri, Giordano Petri

Giordano Petri è un attore italiano di teatro, cinema e televisione. Sin dalla tenera età è mosso dalla sua passione per la recitazione. Dopo gli studi universitari è partito dal suo paese natio per andare a Roma e frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia coronando, così, la sua carriera attoriale. Tantissime sono le sue esperienze teatrali, di cinema e di fiction televisive. L’8 Marzo sulla piattaforma CHILI, uscirà il film contro la violenza sulle donne nel quale lo vedrà protagonista Credo in un solo padre con la regia di Luca Maria Guardabascio, scritto con Michele Ferruccio Tuozzo, prodotto da Around Culture srl, produttore esecutivo Stefano Misiani, con le interpretazioni di Giordano Petri, Massimo Bonetti, Anna Marcello, Flavio Bucci nel ruolo di Zio Domenico Bianco, ultima sua apparizione prima della scomparsa il 18 Febbraio 2020, Claudio Madia e Francesco Baccini il quale ha realizzato anche la colonna sonora. Film girato ai tempi del Covid – 19, tra Campania e Basilicata: si incentra sulla vita di una famiglia all’interno della quale avvengono quotidiane violenze domestiche e, Giuseppe, interpretato da Massimo Bonetti, è il padre padrone violento e dittatoriale però come spesso accade, si nasconde la testa sotto la sabbia. Quando Gerardo (Giordano Petri), giovane padre di famiglia emigra in Austria per permettere a lui e alla sua famiglia una vita più dignitosa, la donna e i figli restano a vivere nella fattoria del suocero. Questa assenza sarà per Maria (Anna Marcello) e poi per la figlia,  l’inizio di un vero e proprio incubo subendo gli abusi del despota. Un progetto dedicato all’ennesimo grido di dolore di tante donne vittime di violenze esplorando tutte le dinamiche della realtà e del sistema patriarcale cercando, quanto più possibile, di dare coraggio a tutte le donne assoggettate da abusi e violenze affinché tutto questo non debba accadere mai più.

Ho avuto il piacere di chiacchierare con Giordano…

Come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo?

E’ una passione ancestrale, sono sempre stato legato a qualcosa di artistico. Mia madre mi ha raccontato che guardavo le immagini della televisione, i varietà del Sabato sera ed ero elettrizzato. Ho sempre avvertito questa magia. Crescendo poi, mi appassionato all’ambito cinematografico infatti, la Domenica pomeriggio, andavo al cinema per vedere i film. Il primo fu ET. quello di Steve Spielberg ma, quello che più mi ha emozionato e illuminato è stato L’ultimo imperatore di Bertolucci. Da lì ho capito quale sarebbe stata la mia vita artistica e cosa avrei voluto fare da grande. In seguito, dopo gli studi universitari, mi sono iscritto al Centro Sperimentale di Cinematografia, superando le selezioni, iniziando così la mia carriera da studente e poi da professionista grazie soprattutto al sacrificio, rispetto verso la professione e la costanza. Inoltre, sono una persona molto curiosa: non ho un genere cinematografico o teatrale che prediligo, anzi. Mi piace guardare un po’ di tutto cercando quanto più possibile di identificarmi in quel personaggio, nella sceneggiatura o  regia; fare un vero e proprio lavoro individuale di ricerca e contestualizzazione di quello che è il mio bagaglio di esperienza attraverso le mie emozioni. Il primo lavoro, subito dopo la scuola, è stato con il film  Pinocchio di Roberto Benigni e, lui stesso è venuto nella nostra scuola, per fare dei provini. Stava cercando dei personaggi peculiari. Così ho iniziato a cimentarmi e, alla fine, ha scelto me. Con il film di Benigni ho coronato ufficialmente il mio sogno: diventare attore! Di lì a poco ho iniziato a fare anche teatro. Ho preso  parte della compagnia di Monica Guerritore facendo quattro tournée importanti; ho collaborato con il Teatro Greco di Siracusa, mettendomi alla prova nelle commedie musicali ed infine al Teatro Italia di Eboli con lo spettacolo Carlo Levi a sud di Eboli in occasione di Matera 2019 capitale della Cultura. Porto con me un bagaglio di esperienze piene di emozioni che, ricordo con molta nostalgia. Credo che per fare questo lavoro bisogna creare una rete e cercare sempre di confrontarsi con gli altri.

Oltre a fare il mestiere dell’attore, in quale altro ambito ti piacerebbe districarti? Regia, sceneggiatura, conduzione?

D’istinto ti dico subito: la conduzione.

 Hai progetti futuri in merito?

In punta di piedi mi sto avvicinando ad una nuova realtà molto divertente con un altro tipo di approccio che, fino ad ora, non mi è stato mai proposto: un programma radiofonico. A partire da Domenica 7 Marzo, debutterò per Radio Roma con un programma Radio Roma Magazine, in onda tutti i fine settimana, Sabato e Domenica, fino a Luglio e con me, ci saranno dei grandi professionisti che sapranno guidarmi e sono:  Alessandra Paparelli , voce storica di Radio Italia anni 60, Vanni Maddaloni ed Enzo Mauri, sarà un inviato per lo sport.  Sarà una bella prova per me: in diretta per tre ore, bisogna essere sempre sul pezzo senza mai distrarsi, avere la battuta sempre pronta e saper intrattenere in modo brillante e giocoso rendendo il parlato fruibile ed accattivante.

Hai preso parte anche al film di Mario Sesti Altri Padri

Ho fatto un piccolo ruolo però ben confezionato. Sono un agente di polizia che, all’interno della squadra, si muove per scovare un qualcosa. E’ la prima volta che interpreto un ruolo di questo tipo infatti mi è piaciuto sin da subito. Il set è stato molto accogliente, molto familiare e poi Mario Sesti è un grandissimo regista e professionista, una persona colta e, ogni volta che parlava con noi attori, era una lezione di cinema, un continuo riferimento cinematografico a film del passato ed è stato semplice capire cosa lui volesse dalla scena. Altrettanto sono stati i colleghi e tutto il gruppo di tecnici. E’ stato breve ma intenso.

Credo in un solo padre
Credo in un solo padre

L’8 Marzo uscirà il film Credo in un solo padre nel quale ti vedrà protagonista, progetto dedicato alla violenza sulle donne. Raccontaci questa esperienza.

E’ stato girato tutto nella provincia campana di Salerno ed alcune zone limitrofe spostandoci poi, per alcune scene, nel comune di Castiglion Fiorentino e di Arezzo. Il film denuncia fatti di cronaca che sono, purtroppo alla portata di tutti i giorni, perché tre donne su dieci, vengono colpite da violenza all’interno delle mura domestiche o, peggio ancora, episodi di femminicidio per mano del proprio carnefice che, spesso è anche l’uomo con il quale vivono. L’esperienza è stata molto dura e forte perché innanzitutto il film è ispirato a fatti realmente accaduti partendo da un’indagine sociale, scritta in un libro Senza far rumore dello scrittore Michele Ferruccio Tuozzo. Si descrive il padre padrone referenziato: violento e aggressivo il quale, decide su tutto e su tutti come un burattinaio muove questi personaggi in un territorio così gretto, provinciale, omertoso che, purtroppo non si denuncia quasi mai e, una delle cose più tristi, ancora oggi è la considerazione della  donna come un oggetto. Abbiamo fatto un lavoro di ricerca in sinergia con gli psicologi aiutandoci a lavorare sul set con i personaggi, cercando ovviamente di toccare le particolarità dei personaggi e le relative dinamiche che spingono poi a una famiglia ad accettare oppure a fuggire da episodi di tale portata. Sul mio personaggio è stato fatto un lavoro di emozioni, di ricerca continua e di empatia cercando di portare alla luce il dolore e le sofferenze del personaggio grazie anche alla fiducia che il regista Luca Maria Guardabascio, mi ha dato. Credo che noi tutti siamo riusciti a confezionare un buon lavoro, costruito nel minimo dettaglio. Devo ringraziare la mia partner Anna Marcello che interpreta Maria, mia moglie la quale, ha saputo ascoltarmi e supportarmi in questo percorso tortuoso.

Secondo te come si potrebbe arginare questo fenomeno?

Chi compie un gesto così condannabile e violento deve essere aiutato, rivolgendosi a delle associazioni, a delle strutture, a dei centri e, soprattutto è bene denunciare già al primo campanello di allarme che puo’ presagire qualcosa di più grave. Durante il periodo del lockdown, ci sono state tante notizie di donne rimaste intrappolate in casa, l’unico luogo dove si poteva rimanere e, le vittime sono state colpite per mano del proprio marito o compagno. Situazioni del genere, così recriminabili e violente e il voler giustificare il carnefice addossandosi la colpa rinunciando così, a dare voce a quanto accaduto. Credo che se queste persone affette da disturbi chiedessero un supporto psicologico o chiedessero aiuti a strutture specializzate, si ridurrebbe drasticamente la percentuale di vittime. Non bisogna avere paura perché c’è sempre una mano tesa ad accompagnarci in questo viaggio di rinascita e di resilienza. Il primo passo da fare è denunciare e chiedere aiuti a sportelli preposti per questo.

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