Giordano Petri, attore poliedrico e di talento, odia le ingiustizie e le mentalità bigotte. Impegnato su vari fronti tra cui il cinema sociale insieme al regista Luca Guardabascio, oltre ad aver preso parte al film precedente Credo in un solo padre, hanno dato vita al Manifesto del cinema sociale denominato Cinema sociale 99, volto a trattare tematiche sociali per (ri)educare le masse e dare messaggi che possano smuovere le coscienze. Inoltre, a Gennaio uscirà in anteprima, un altro film nel quale lo vedrà protagonista con la regia di Simone Arrighi. Verrà affrontata un’altra tematica dedicata al sociale: l’Alzheimer e la demenza senile, fenomeni importanti ma considerati un tabù nella società. Con questo film lo stesso Giordano spera di poter far veicolare messaggi fondamentali, affinché si possa far luce sull’importanza delle problematiche che queste malattie comportano, le varie sfaccettature e le istituzioni spesso assenti.
In questi giorni stai girando un nuovo corto La giostra. Qual è il tema di questo progetto?
Si. E’ prodotto dalla Toscana Film Commission, regia di Simone Arrighi scritto con Vincenzo La Gioia. Tratta di un tema molto scottante: l’ Alzheimer, considerato un tabù in questo periodo e, nonostante le ricerche e i numerosi casi presenti in molte famiglie, purtroppo se ne parla poco come se questa malattia debba essere nascosta; non c’è in realtà una cura che possa gestire questi malati; si parla di Alzheimer, di demenza senile, di invecchiamento precoce e a volte di follia. Perciò, attraverso l’arte cinematografica, Simone Arrighi ha voluto in qualche modo sensibilizzare e descrivere questo fenomeno, raccontando questa storia basata sulla propria esperienza personale che il regista stesso, ogni giorno fa i conti con sua madre, in fase terminale che, ormai, ha dimenticato tutto. Non ricorda più nulla e nemmeno riconosce il figlio. Non ha alcun tipo di contatto con la realtà ma soltanto piccole percezioni legate a dei ricordi ancestrali di quando era ragazza.
Che ruolo interpreti nel film?
Interpreto il ruolo di Michele, un ragazzo in carriera che ad un certo punto ha dovuto prendere una decisione: tornare al paese di casa, in questo caso a Lucca e dover gestire la madre. Si ritrova a fare i conti con una realtà totalmente sconosciuta. Ha dovuto gestire tutto questo da solo in questi ultimi anni, cercando un nuovo linguaggio comunicativo con la madre, ritrovata completamente diversa, quasi come se fosse un’ estranea. Tra l’altro ispirato proprio alla figura di Simone Arrighi. Inoltre, nel cast ritroveremo: Maria Cristina Valentini che interpreta mia madre, tra l’altro è stata un’interpretazione magistrale e commovente; Giulia Lippi interpreta mia moglie: una moglie comprensiva, attenta, consapevole che questa madre deve essere custodita e accudita fino alla fine.
Sei molto legato al cinema sociale…
Il cinema sociale è un cinema volto a far conoscere a pieno questo fenomeno ma non dal punto di vista clinico e della medicina, ma attraverso un viaggio introspettivo. Si vuole portare alla luce quella che puo’ essere una giornata tipo di un familiare che si trova ogni giorno a dover fare i conti con un parente, genitore , fratello, zio o nonno e mi auguro che possa far riflettere tante persone ma soprattutto le istituzioni che pur intervenendo spesso, possano dare più supporti concreti e aiutare quanto più possibile queste famiglie e gli stessi malati. Spesso gli aiuti provengono da parte delle associazioni anche del posto. A Lucca, nello specifico, città nella quale abbiamo girato tutto il lungometraggio, ci siamo confrontati con il personale di questi istituti, a tutti gli aiuti che ricevono dallo Stato ma spesso la famiglia si ritrova a fronteggiare la parte più complessa della situazione rimanendo abbandonata a se stessa. Noi vorremmo far conoscere un dramma affinché si possa intervenire in maniera tempestiva quando c’è una necessità impellente. E’ un progetto a cui tengo molto. Spero si faccia conoscere e possa avere i giusti meriti successivamente quando uscirà.
Hai trovato difficoltà a trattare le tematiche come demenza senile e Alzheimer?
E’ stato un ruolo molto difficile, molto commovente e partecipativo.
Ti è mai capitata una situazione similare nella tua vita?
In qualche modo ho vissuto questa realtà con mia nonna Pina. Lei è stata il mio punto di riferimento per tutta la mia vita: colei che mi ha cresciuto, mi ha dato dei sani principi, dei valori, dei riferimenti; mi ha permesso di essere quello che sono oggi. I miei genitori erano presi dal lavoro, erano giovani quindi mia nonna è stata mia mamma putativa e vederla negli ultimi 5 anni della sua vita spengersi, diventare muta e silente, non riconoscermi addirittura scambiandomi per altre persone e nella fase terminale, chiudersi in uno stato vegetativo mi ha fatto veramente trovare una verità difficile e scomoda, rimuovendola anche, però questa occasione mi ha dato quella forza di andare al di là del ricordo doloroso e di dare una bella interpretazione a questo personaggio.
Secondo te, come si potrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica verso temi così importanti?
Io sono un sostenitore del cinema sociale e di tutto quello che è sociale. Secondo me dovrebbe far parte di un senso civico che deve essere alla base di una società. Molto spesso c’è indifferenza , c’è una forma di apatia, di negligenza nei confronti del prossimo. Bisogna nascere sensibili. Spesso lo trovo da parte delle istituzioni questi atteggiamenti, perché non danno mai aiuti veramente concreti; non bastano piccoli aiuti o decreti per aiutare. Purtroppo ci sono dei temi, dei fenomeni e malattie sempre più dilaganti nella società e questi non richiedono una tantum ma un sostegno continuo e duraturo. Se le associazioni, le istituzioni , i comuni, le regioni, le province e lo stesso Stato intervenisse in modo molto più rigoroso e molto più attento a gestire questi casi, a censirli, a far in modo che ogni piccola realtà possa godere di un aiuto immediato senza fare questi grandi debiti nel gestire un problema così sanitario, secondo me si potrebbero arginare tanti casi e supportare anche tante famiglie affinché possano vivere più serenamente. Pensare, volendo di impegnare delle persone disoccupate o giovani inservienti a disposizione di queste famiglie trovando una boccata di ossigeno. Tra l’altro, grazie al regista Simone Arrighi, mi sono potuto documentare in maniera approfondita, trovando tanti casi di persone che hanno dovuto rinunciare ad una propria indipendenza, al lavoro, a un propria libertà, a una loro quotidianità.
Quale altro tema vorresti portare al cinema?
Sono cinque anni che collaboro a stretto gomito con Luca Guardabascio, regista che stimo tantissimo e per me è come se fosse un fratello putativo, un amico, con il quale ho già girato Credo in un solo padre, il film precedente che denuncia la violenza di genere, la violenza contro le donne e con lo stesso Luca, abbiamo fondato il manifesto del cinema sociale, denominato Cinema sociale 99 come erano i ragazzi del ’99 a suo tempo, quelli battaglieri e combattenti. Questo tipo di cinema deve in qualche modo intrattenere e formare, educare le masse attraverso le tematiche che portiamo avanti, i racconti che vogliamo sviluppare; far in modo che lo spettatore, vedendo questo film, possa rimanere colpito. Ogni tema che noi andremo a trattare è improntato su una tematica sociale.
C’è già un nuovo progetto che bolle in pentola?
Stiamo preparando il film La grazia e va a denunciare, o meglio a sensibilizzare quelli che sono i diritti della comunità LGBT, argomento di grande attualità, basato quindi sui diritti civili. Vogliamo raccontare la storia di violenza, perpetrata all’interno delle mura domestiche, in un paese della provincia di Cosenza, Altomonte, in questo borgo molto carino. Verrà trattata una storia realmente accaduta dove c’è Moreno, il quale ha deciso di cambiare sesso, iniziando a fare un percorso di transizione e questo verrà fatto attraverso quelle figure tipiche di un paese di provincia dove regna sovrana l’omertà, la paura di raccontare, di raccontarsi e confrontarsi. Nello specifico, le violenze che andremo a trattare vengono perpetrate dal padre di Moreno, sin dalla tenera età; risulta essere un padre violento, alcolizzato e violento anche contro la madre tanto da mandarla in coma e poi ucciderla. Questo padre che alla fine viene perseguitato ma sempre legittimato e giustificato a causa di quei cliché e stereotipi classici di mentalità chiuse; non c’è quella voglia e volontà di comprendere e di denunciare. Noi attraverso il cinema vogliamo denunciare, vogliamo portare alla luce, attraverso i personaggi, quel messaggio che puo’ davvero far riflettere e svegliare da quel tepore di paura o di indifferenza. Non amo particolarmente il cinema violento o drammatico però è fondamentale poter raccontare, sensibilizzare e denunciare le tante tematiche spesso descritte in modo edulcorato, in sordina. Il cinema vorrei che avesse questa funzione educativa e sociale come il Cinema Sociale 99 a cui hanno aderito altri registi, attori, collaboratori, e tutte le maestranze del mondo dello spettacolo. Inoltre, i miei personaggi mi permettono di fare anche un lavoro introspettivo con me stesso e ritrovare dei punti di contatto e allora tutta la vita fare un film sociale, un film drammatico.
Quando uscirà?
Sarà pronto per la stagione Ottobre- Novembre. Non prima perché ci sarà tutta la fase post – produttiva. Saranno due mesi di girato e quindi avrà una realizzazione più complicata e duratura.
Quando uscirà La giostra?
Uscirà a Gennaio ci sarà la proiezione del film La giostra.
Progetti futuri?
A Dicembre, 12 – 13 – 14 uscirà in anteprima il film di Mario Sesti Altri Padri, nel quale ho preso parte: faccio l’agente Ricci di polizia. Mi sono divertito molto soprattutto a confrontarmi con un cast di portata importante come Chiara Francini, Paolo Briguglia e Lucrezia Guidone ma soprattutto lavorare a stretto contatto con Mario, molto arguto e attento, tecnicamente preparato e ha la capacità di sapersi relazionare con gli attori che per un regista è sempre molto difficile. Inoltre questo film ha partecipato al Torino Film Festival. È stato visto già dalla critica, dagli addetti ai lavori e subito ha avuto un riscontro molto positivo. Ha una sua caratura importante di sensibilizzazione e di denuncia. Tra l’altro Mario Sesti è un grandissimo critico cinematografico e documentarista. Questa è la sua opera prima di cinema finzione, cimentandosi in una storia tanto attuale di padri che devono fare delle scelte. Quindi, lunga vita ad Altri Padri.
Foto in evidenza del fotografo Bruno Cantarella
Foto di scena “La giostra” del fotografo Michele Celli