Enzo Garramone, un grande artista poliedrico. Si districa tra cinema, televisione e teatro. Inizia a muovere i primi passi nel mondo teatrale a 16 anni, vantando già una consacrazione artistica nella sua prima tournée con Teddy Reno e Rita Pavone. Tantissime altre esperienze tra film al cinema come: A.N.I.M.A., BlackJack, Besame Mucho, Scugnizzi dove partecipa in due brani come cantante alla colonna sonora scritta da Claudio Mattone, poi la bellissima esperienza del teatro in tv con le commedie di Eduardo in “Napoli milionaria e Questi fantasmi” al fianco di Massimo Ranieri e poi ancora fiction televisive come Un posto al sole, Provaci ancora prof 6, Donna detective 2, La Squadra, La piovra 7 e tanto altro. Il 18 Novembre, dopo due anni è tornato in teatro, inaugurando la nuova stagione teatrale del Teatro Manzoni di Cassino con il suo spettacolo “Napoletanando – Enzo Garramone in trio Io, mammeta e tu”, trio composto dallo stesso Enzo Garramone, il Maestro Sandro Chiaretti alla chitarra e Carlo Cannatelli alla fisarmonica. Uno spettacolo davvero esilarante che lascia però spazio ai bei ricordi di Napoli e non solo: tutte le bellezze, tutta la semplicità della città stessa e dei suoi abitanti attraverso un viaggio poetico. Brani di repertorio classico intervallati da vari monologhi di cabaret.
Ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Enzo…
Siamo ancora in un periodo storico particolare e senza precedenti e, fino a pochi mesi fa era impensabile poter solo pensare di tornare un minimo alla normalità. Com’è stato (ri)calcare di nuovo i passi sul palcoscenico del teatro?
E’ stata una grande emozione, come se fosse sempre la prima volta. In questi ultimi due anni che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo è un po’ come rinascere ad una nuova vita. Ritornare a calcare i passi sul palcoscenico, vedere la gente, in sala, anche se purtroppo ancora con le mascherine è un modo per ricordare la situazione in cui ci troviamo, ma a piccoli passi, stiamo riprendendo la nostra amata quotidianità.
Il tuo spettacolo si intitola “Napoletanando – Io, mammeta e tu”. Com’è nata l’idea?
A casa del Maestro Sandro Chiaretti, il chitarrista. Lui vive a casa con la madre. Ha 96 anni ed è una tipa molto attiva, forte e battagliera. Lei assisteva alle prove in maniera attiva e istruttiva per noi. Ci siamo ispirati alla sua presenza costante e da lì è nato il nome con il sottotitolo “Napoletanando” perché è una passeggiata tra i vicoli di Napoli: tutte le canzoni sono precedute dalla citazione di un pensiero di poeti, personaggi dello spettacolo, dello sport, i quali hanno lasciare un segno d’amore dedicato a Napoli.
C’è una canzone tra tutte quelle dello spettacolo a cui sei più legato, magari attraverso un ricordo particolare?
Tutte le canzoni cantate hanno per me, in un modo o nell’altro, un certo valore. Mi suscitano emozioni diverse. “Malafemmena” è la canzone che mi emoziona in modo particolare. Tratta della storia di un uomo che racconta la sua sofferenza causata da una donna. Sono molto legato poi, al grande Totò. Ho avuto anche il piacere, in più occasioni di lavorare in eventi dove c’era Liliana, la figlia.
Qual è il tuo metodo per combattere l’ansia da palcoscenico?
Un po’ credo dipenda dal carattere di ogni singolo attore. Ricordo che lavoravo nella trasmissione “I fatti vostri” e venne a trovarci un grande attore italiano che davanti la telecamera si mostrò molto impacciato. Il cinema, il teatro e la televisione sono tre cose diverse. Io mi trovo molto a mio agio in televisione e devo dire di non aver mai sofferto particolarmente di ansia da prestazione. Il teatro è una grande palestra perché si ha l’opportunità di avere il contatto diretto con il pubblico. E’ determinante anche lo stato d’animo che si vive in quel momento. Noi artisti siamo spesso delle persone estremamente fragili e forse anche per questo scegliamo di fare questo mestiere perché ci dà la possibilità di conoscerci meglio, quasi come se gli spettacoli fossero un po’ delle sedute di psicoterapia. Prima di uno spettacolo può’ succedere di avere quell’ansia al solo pensiero di dover affrontare il pubblico, perché consapevoli di non poter sbagliare, ma poi entri in scena e come per magia ti accorgi che tutte le ansie le paure per incanto svaniscono.
Quindi il teatro è una grande palestra…
Assolutamente! Tantissimi attori provengono dal teatro per poi approdare al cinema e in televisione. Il teatro ti permette di affrontare e superare i tuoi più grandi limiti, in teatro non puoi sbagliare, mentre al cinema se sbagli una scena puoi rifarla anche dieci volte!
Un’altra grande palestra oltre il teatro?
Un’altra grande palestra sono le serate dal vivo: io per esempio sono nato così artisticamente. Ho iniziato con Teddy Reno e Rita Pavone. Quando avevo 16 anni sono partito in tournée con loro, dopo aver vinto come imitatore un concorso chiamato “Il Talentiere” edizione 1983 conosciuto anche come il festival degli sconosciuti. La mia prima tournée fu di sessanta serate in meno di tre mesi eravamo sempre in viaggio girando l’Italia in lungo e in largo. Oggi credo sia impensabile per tantissimi artisti un numero di cosi tante serate in cosi pochi mesi! È stata la mia prima grande palestra. La piazza è più difficile rispetto al teatro: spesso nelle serate c’era tanta confusione, gente che mangiava, gente che chiacchierava, gente sotto al palco che ti infastidiva in un modo o nell’altro e la bravura stava nel mantenere la concentrazione senza dover andare mai fuori registro.
Il tuo primo spettacolo teatrale?
E’ stata “La strana coppia” con Anna Mazzamauro e Maria Paiato, due attrici straordinarie. Grazie alla gavetta delle tante serate in piazza, che avevo svolto precedentemente non ho avvertito nessun contraccolpo, prima dello spettacolo ero molto sereno, anche perché quando hai la fortuna di lavorare con colleghi di grande livello, recitare diventa una piacevole passeggiata.
Sei comico, attore, cantante e cabarettista televisivo, qual è il ruolo che senti più tuo?
Ho avuto la possibilità di fare tanta televisione con moltissime dirette sulle reti nazionali e questo è stato ed è un grande allenamento, soprattutto sotto il profilo della concentrazione sai di entrare nelle case di milioni di italiani e non puoi permetterti di sbagliare. Del teatro subisco il fascino, l’atmosfera unica che si respira, il palco e in particolar modo mi piace che ci sia un rapporto diretto con il pubblico. Quando mi esibisco con spettacoli dove canto, faccio cabaret come in “Napoletanando” voglio sempre guardare il pubblico negli occhi: vedere le loro reazioni e credo che questo sia fondamentale in quanto si crea quell’empatia che la TV non ti da, come quando finisce lo spettacolo e il pubblico ha la possibilità di salutare gli attori, stringergli la mano, esternare un proprio pensiero, beh, è tutto questo non è poca cosa. Il cinema, quando si ha la fortuna di farlo ha un potere magico, unico neo quando giri sono i tempi lunghi che spesso passano tra una scena ed un’altra, realizzi una scena la mattina e poi devi aspettare il pomeriggio o la sera per girarne un’altra in quel caso non è facile tenere alta l’adrenalina.
Secondo te, qual è la chiave per avvicinare le nuove generazioni al teatro?
Portare i ragazzi molto giovani a teatro non è facile. Non c’è questo culto. Forse le generazioni precedenti erano più abituate per diverse ragioni. Oggi, invece, per i giovani il mezzo di comunicazione più importante è il cellulare, con internet hanno tutto a portata di mano. Spesso poi sono attratti da personaggi che con il teatro non hanno nulla a che vedere. Tipo gli youtubers. Purtroppo non c’è stato un passaggio generazionale per il teatro giusto le scuole dell’obbligo spesso si organizzano per portare i ragazzi a vedere spettacoli teatrali, ma difficilmente questa idea parte dalla famiglia è ovvio che se a casa non respiri quella magia che solo il teatro può regalarti, forse è difficile appassionarti. Bisognerebbe creare delle vere e proprie campagne pubblicitarie indirizzate alle famiglie magari con sconti speciali per sensibilizzare e invogliare intere famiglie a vivere molto di più il teatro.